

QUALE PATERNITA’ PER GIUSEPPE?
Proseguendo la lettura oltre la suggestiva icona del Cristo Pantocratore, di cui farò un approfondimento specifico, i due episodi che chiudono il registro superiore del ciclo, vedono entrare in scena Giuseppe con un ruolo più definito.
Giuseppe sta dormendo sdraiato su di un giaciglio color azzurro con lenzuolo porpora; ha una mano abbandonata sulla gamba e veste la stessa tunica del frammento pittorico precedente; purtroppo il volto è gravemente danneggiato e non possiamo capire quale sfumatura emotiva Giuseppe esprima per il conflitto lacerante di dover accettare un figlio non suo. Il carico di responsabilità che si assume non cancellerà mai del tutto un sentimento di disagio che, vedremo, riemergerà nella scena della Natività.

La figura dell’angelo in volo è disposta parallelamente a lui e, con atteggiamento sicuro, interviene per rassicurarlo e convincerlo ad accettare una paternità, di cui non è protagonista, in nome della fede.
Un’elegante colonna a sinistra introduce la scena e costruisce, con altri elementi architettonici classici, una cornice al sogno, aprendo la vista di una prospettiva lontana su di un paesaggio di cui cogliamo alcuni tratti.
Il racconto prosegue con il Viaggio a Betlemme, per il censimento.

“(Giuseppe) Sellò quindi l’asina e vi fece sedere Maria, e suo figlio conduceva la bestia, e Giuseppe li seguiva.... le disse:”Maria , che cos’hai, che vedo il tuo viso ora ridente ora accigliato?” E disse Maria a Giuseppe: “E’ perchè vedo con i miei occhi due popoli: uno che piange e si batte il petto, l’altro che è lieto ed esulta”. (Protovangelo di Giacomo. XVII).
Maria è seduta lateralmente su di un asinello che avanza a fatica e sembra scalpitare per il peso della donna ormai prossima al parto; l’asino è trainato da un giovane, Giacomo, il figlio di Giuseppe, di cui si scorge la gamba tesa nello sforzo del cammino. Un frammento d’ala a destra del nimbo di Maria, disegnato sotto le torri della fortezza di Betlemme, lascia supporre che un angelo seguisse in volo il gruppo. Ancora, dunque, una inconsueta e sapiente sintesi tra i due Apocrifi che ispirano questi dipinti: nel testo dello Pseudo Matteo non viene citato Giacomo, ma un angelo, come guida.
Giuseppe avanza con un bastone, curvo e stanco per il viaggio; tuttavia, tutta la sua attenzione è teneramente rivolta a Maria, incuriosito dal suo stato d’animo e dalle sue repentine variazioni d’umore; pare dialogare con lei, con grande rispetto per la sua condizione. Maria con una mano accarezza il ventre e con l’altra s’aggrappa al lenzuolo /sella dell’asino.
Il gruppo familiare sta uscendo dalla cittadina di Betlemme, oltrepassando la porta delle mura della città dove non ha trovato alloggio e in cerca di un riparo per la notte.
APPROFONDIMENTO ICONOGRAFICO
Il Sogno di Giuseppe e il Viaggio a Betlemme sono qui rappresentati in sequenza; troviamo poche, ma importanti, testimonianze artistiche dello stesso accostamento.
Nell’avorio della Cattedra di Massimiano, a Ravenna, del VI secolo, i due episodi sono rappresentati sovrapposti nella stessa formella e il Sogno di Giuseppe vede disposte le figure in modo simile a quelle di Castelseprio, mentre la versione del Viaggio a Betlemme riprende il racconto del Vangelo dello Pseudo Matteo, introducendo un angelo che guida il gruppo familiare, e che dialoga con Giuseppe.

All’interno di San Marco a Venezia, il registro musivo dell’infanzia di Cristo vede accostati i due episodi, mettendo in scena i tre protagonisti del Protovangelo di Giacomo.

Mentre il Sogno di Giuseppe, che nei Vangeli Apocrifi introduce alla Prova delle acque amare, è raramente rappresentato e a volte confuso con il Sogno che precede la Fuga dalla persecuzione di Erode, il Viaggio a Betlemme compare più frequentemente negli antichi cicli pittorici sull’Infanzia di Cristo e spesso viene confuso con la Fuga in Egitto.
“CHE FARO’ IO?”
La necessità di sottolineare “l’accoglienza” da parte di Giuseppe di una paternità non biologica è particolarmente sottolineata nei Vangeli Apocrifi, e il Sogno di Giuseppe diviene un tassello fondamentale per questa operazione, volta a ribadire il tema il tema dell’Incarnazione di Dio in Cristo.
Nel ciclo di Castelseprio l’angelo che appare a Giuseppe ha le stesse generali connotazioni dell’Arcangelo Gabriele, tranne che per i tratti del volto e la capigliatura, scelta che conferisce una nota di umanità anche a questo soggetto incorporeo; sguardi e gesti sono curati con una attenta definizione psicologica e finezza descrittiva; mi colpisce anche da un lato il volto giovane e delicato dell’Arcangelo Gabriele, dall’altro il profilo più marcato, maturo e non idealizzato dell’angelo che appare a Giuseppe; potrebbe anche essere il risultato di pittori diversi.
Nei mosaici paleocristiani dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma l’episodio del Sogno segue l’Annunciazione:

Giuseppe è in piedi e rivolto all’angelo che lo sta convincendo ad accogliere Maria e la sua gravidanza; a destra e a sinistra dei protagonisti ci sono due architetture, a sottolineare che ancora Maria e Giuseppe vivono in case separate.
Uno schema, in parte simile, che troviamo disegnato anche in una miniatura del MS gr. 74, conservato a Parigi, decisamente più tarda, dell’XII secolo:

LA CASA DI GIUSEPPE
L’ambientazione architettonica dell’episodio a Castelseprio è particolarmente ricca; gli elementi che incorniciano il Sogno sembrano citazioni di dipinti classici: una colonna con capitello simil corinzio, sulla quale poggia forse una meridiana, un drappo rosso annodato al fusto della stessa; il capitello regge un piedritto con arco ribassato (forma che ritorna frequentemente) che prospetticamente “sfonda” verso destra, sostenuto da un robusto pilastro; si intravvede poi una villa con finestre alte e strette, due torri laterali, su modelli romani, con brani di paesaggio intrecciati ma poco visibili. Un gioco tra interno/esterno che ritroveremo nelle costruzioni architettoniche della pittura del XIII e XIV secolo.




Sono stati evidenziati da molti studi le corrispondenze tra questi elementi e i disegni delle miniature del MS gr. 510 delle Omelie di San Gregorio di Nazianzo, risalente alla fine del IX secolo e con il Salterio di Parigi, MS gr.139, del X secolo (ultima immagine delle quattro), ambedue conservati nella Biblioteca Nazionale di Francia:




1,2,3, MS gr. 510 delle Omelie di San Gregorio, risalente al IX; 4, MS gr.139, del X secolo
E’ indubbio che, se da un lato esistono evidenti riscontri iconografici, il Maestro di Castelseprio dimostra di saper costruire una scenografia decisamente più proporzionata e integrata alle figure protagoniste, rivelando un controllo nella impaginazione dello spazio decisamente unico.
IN CAMMINO, VERSO BETLEMME
Oltre agli esempi già riportati, in Cappadocia, nei cicli cristologici dell’Infanzia, tra X e XI secolo, si trovano dipinti dell’iconografia del Viaggio a Betlemme strutturata come da versione del Protovangelo di Giacomo.
Di seguito una carrellata degli esempi che sono riuscita a raccogliere, a cui ho aggiunto il mosaico più tardo del XIV secolo di Kariye Kami ad Istanbul, preceduto dal Sogno di Giuseppe.
Per la documentazione relativa alla Cappadocia: Catherine Jolivet-Levy, Les Eglises Byzantines de Cappadoce, Edition du CNRS, e il sito: bancadati.museovirtualecappadocia.it/pschede, raccolta di dati che nasce dalle ricerche sul campo della missione italiana dell’Università della Tuscia nella Cappadocia rupestre a partire dal 2006. Direttore della missione: Maria Andaloro.
INDAGINE SU PARTICOLARI DI FIGURA E DI ARCHITETTURA
Per quanto i confronti proposti non diano risposta in merito ai problemi cronolocigi che il ciclo di Castelseprio pone, i frammenti raccolti possono costituire ulteriori riflessioni per la ricerca.
Un disegno del Codice Vat. gr. 699, f.59 di Cosma Indicopleus, originario di Alessandria d’Egitto, del VI secolo, propone suggestivi modelli grafici confrontabili con l’affresco, anche se non riguardano la stessa iconografia


Un altro riscontro interessante riguarda la figura dell’asino; dallo studio degli affreschi di San Salvatore a Brescia è emersa una sinopia, che probabilmente riguarda “La fuga in Egitto”, in cui la corrispondenza con l’asino di Castelseprio, (messa in evidenza da Saverio Lomartire in “Riflessioni sulla decorazione del San Salvatore di Brescia alla luce delle nuove indagini archeologiche” in https://journals.ub.uni-heidelberg.de › article › downloadPDF), è indiscutibile.


Infine qualche immagine sull’ambientazione architettonica dell’episodio, messa in relazione con gli affreschi carolingi di San Giovanni a Mustair e della Cripta di Sant’Epifanio a San Vincenzo al Volturno del IX secolo, nello studio di John Mitchell (IV. THE PAINTINGS, Nuove ricerche su sequenza, cronologia e contesto degli affreschi di Santa Maria foris portas di Castelseprio, a cura di Gian Pietro Brogiolo, Vincenzo Gheroldi, Flavia De Rubeis, John Mitchell, 2014).



Di Mustair viene proposto un particolare architettonico dell’episodio della Guarigione del sordomuto, di San Vincenzo al Volturno, il Martirio di Santo Stefano.
Si riprone la stessa osservazione precedente della più organica risoluzione del problema spaziale a Castelseprio, al di là delle affinità di alcune strutture architettoniche ricorrenti.
Ivetta Galli

































































