
Stregata dai dipinti di Castelseprio, quarant’anni fa come adesso, riprendo in mano appunti e documenti allora raccolti attorno a questo affascinante mistero di arte altomedievale e cerco aggiornamenti e nuovi studi.
Importanti recenti tasselli arricchiscono la comprensione degli affreschi; tuttavia, la mancanza di documenti d’archivio, che ne testimonino la committenza, lascia ancor oggi aperta la discussione sulla individuazione dell’epoca di realizzazione degli stessi.
Una sintesi interessante dei principali studi storiografici maturati attorno a questo ciclo pittorico riemerso dal 1944, per merito di Gian Piero Bognetti, viene proposta da Paolo Nobili nella rivista Porphyra dell’aprile 2010, al seguente link: http://www.porphyra.it/supplemento11.pdf. Rimane sempre molto valido il contributo di Maria Andaloro nell’Enciclopedia Treccani, del 1993, al seguente link: https://www.treccani.it/enciclopedia/castelseprio_(Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale).
Con questi appunti vorrei accompagnarvi lungo quel percorso di indagine che più mi attrae, esplorando immagini ed iconografie di simile contenuto, tra alcune testimonianze artistiche sopravvissute nell’Altomedioevo.
Storie, figure e forme che ci parlano di migrazioni, rapporti e intrecci tra oriente e occidente, nella parte di mondo che si affaccia sul Mediterraneo orientale; una storia antica ma, nello stesso tempo, ancora attuale.
Di “Buona Novella” si tratta, citando Fabrizio De André, a suo tempo attratto dai racconti dei Vangeli Apocrifi, tanto da permettergli di creare un album musicale estremamente suggestivo, che trae spunto da racconti evangelici colorati di umanità e sentimenti, calati in una realtà possibile pur se a tratti sconfinante nel “mistero del sacro”.
Presento il ciclo affrontandolo per episodi e tematiche figurative; quindi ho suddiviso la lettura delle diverse iconografie in una prima presentazione divulgativa e una seconda parte di approfondimento disciplinare.
IL RACCONTO COMINCIA…


Il racconto inizia da questa giovane donna, affacciata ad un’apertura alle spalle di Maria, dal suo gesto spontaneo di stupore e meraviglia per ciò che vede: un angelo con grandi ali spiegate che sta parlando con Maria. Probabilmente è una delle cinque vergini che sarebbero restate con Maria nella casa di Giuseppe finché non si fossero sposati, come aveva stabilito il sommo sacerdote, secondo il Vangelo Apocrifo dello Pseudo Matteo.

Maria era andata a prendere l’acqua alla fonte e, mentre attingeva l’acqua, un angelo le si era avvicinato dicendole: “Sei beata, Maria, perché nel tuo utero hai preparato un’abitazione per il Signore. Ecco che dal cielo verrà la luce e abiterà in te e, per mezzo tuo, risplenderà in tutto il mondo”. (Vangelo dello Pseudo Matteo)
Qui nel dipinto è seduta su un morbido cuscino, sulla soglia della sua casa, accanto a lei una brocca, appoggiata a terra, traccia della prima annunciazione; ora Maria alza lo sguardo verso Gabriele che, apparso per la seconda volta, si china verso di lei e la benedice. Gabriele impugna una lunga asta, veste una tunica chiara sulla quale sono disegnate fasce rettangolari di stoffa decorata; un nastro trattiene la riccia capigliatura che incornicia un volto vivace e giovane, dallo sguardo intenso rivolto a Maria.
Maria con l’indice della mano sinistra, che stringe il fuso e la rocca su cui è avvolto il filo di porpora srotolato dai gomitoli della cesta ai suoi piedi, si indica, con un velo di dubbio, proprio io?

Un’istantanea fotografica, un racconto visivo che rende talmente vero ed efficace l’evento miracoloso da proiettarci con forza all’interno del dialogo tra i due protagonisti.
E, come in una sequenza incalzante, di seguito si delinea la scena della Visitazione: Maria è china nell’abbraccio con Elisabetta, che teneramente appoggia la mano sul ventre gravido della cugina; Elisabetta è purtroppo quasi del tutto persa, così come quello che seguiva a chiudere la scena, probabilmente la sua casa; non per questo viene meno la forza della tenerezza e della solidarietà tra donne in attesa.


Il mistero della gestazione di Maria si dissolve in una narrazione carica di umanità; il pittore ha tradotto in una sintesi visiva perfetta i brani dei vangeli apocrifi, il Vangelo dello Pseudo Matteo e il Protovangelo di Giacomo: il racconto delle due apparizioni di Gabriele a Maria, la prima, quando si trova ad attingere l’acqua alla fonte, la seconda, mentre fila la porpora davanti la casa, a cui assiste la giovane donna che vive con lei; infine, l’incontro tra cugine che avviene all’aperto, secondo la tradizione apocrifa e non quella del Vangelo di Luca, in cui l’evento avviene nella casa di Zaccaria, marito di Elisabetta.
APPROFONDIMENTO ICONOGRAFICO
La presenza di segni iconografici raffinati, ci fa presumere che il pittore avesse una ricca cultura figurativa e si muovesse con disinvoltura e familiarità tra i testi evangelici apocrifi e canonici; l’artista, inoltre, padroneggiava un linguaggio immediato, spontaneo, naturalistico, con una declinazione ellenistica che i contemporanei testi figurativi, ad oggi conosciuti, parevano aver abbandonato.
1. Annunciazione alla fonte
La brocca ai piedi di Maria non è lì per caso, ci riporta al momento dell’Annuncio alla fonte.
Indagando alcune testimonianze artistiche di rappresentazioni apocrife dell’evento, troviamo prevalentemente manufatti legati alla cultura costantinopolitana, a testimoniare la diffusione di tali soggetti soprattutto in oriente, ma anche il sarcofago di Adelfia, di origine romana del IV sec, rinvenuto nelle catacombe di Siracusa, a documentare una presenza di tali temi anche in area occidentale.
a. Il Sarcofago di Adelfia (f.1), conservato a Siracusa, di origine romana, è datato al IV-V secolo: il rilievo che ci interessa è collocato a sinistra del clipeo con la coppia di sposi e presenta tre scene che attingono la propria struttura dai Vangeli Apocrifi, secondo le ultime ipotesi interpretative che condivido.
La sequenza inizia con la fonte, a cui Maria sta attingendo l’acqua, vegliata dalla personificazione della sorgente stessa, con alle spalle l’Angelo Gabriele aptero, che le sta parlando.
Segue la rappresentazione di Maria accompagnata da due giovani ragazze, probabilmente una rara “figura” di Maria che viene sostenuta simmetricamente da due donne mentre riceve la grazia divina. L’iconografia viene individuata da André Grabar (nel testo “Le vie della creazione nell’iconografia cristiana”, Jaca Book, 1988) ed, a riguardo, cita due esempi: gli affreschi in San Clemente ad Ocrida del XIV sec (f.2) e i più antichi affreschi della chiesa dei Santi Gioacchino ed Anna in Cappadocia (f.3).
L’ultima scena del rilievo del Sarcofago vede Maria seduta su un trono, attorniata dalle giovani donne che la riconoscono come Madre Divina (nei mosaici del V sec. in Santa Maria Maggiore a Roma, Maria siede regalmente su un trono, come regina, proprio nell’Annunciazione).



b. La coperta di Evangeliario detto “Dittico delle cinque parti” (f.4,5), originaria di Ravenna del V sec. e conservato a Milano testimonia un’altra precoce rappresentazione dell’Annuncio alla fonte, con un disegno speculare rispetto a quello del sarcofago, senza la citazione classica della personificazione della fonte e con angelo alato, superando così la forma aptera, propria dell’inizio della rappresentazione cristiana.


f.4,5 – Valva anteriore del “Dittico delle cinque parti”, copertina di Evangeliario in avorio del V secolo, Milano, Museo del Tesoro del Duomo
c. La miniatura del MS Vat. gr.1162 (f.6), che raccoglie le omelie sulla Vergine di Giacomo di Kokkinobaphos, dipinta da un Maestro di Costantinopoli, nel XII secolo, riporta i due momenti dell’Annunciazione interpretando l’evento con ricchezza e cura grafica dei dettagli iconografici.

d. Nel ciclo dei mosaici della Cattedrale di S. Marco a Venezia (f.7), del XII sec., il racconto evangelico inizia con l’Annunciazione alla fonte, così come ad Istanbul, nei mosaici in Kiriye Camii (f.8), del XIV sec., testimonianza di una diffusa rappresentazione degli episodi apocrifi nei cicli musivi all’interno delle chiese bizantine, sicuramente a partire dalla Rinascenza Macedone, ma probabilmente anche prima in epoca preiconoclastica (gli affreschi del VII sec. della Chiesa Rossa di Perustica, oggi in Bulgaria, persi, ma descritti dalle fonti (b) documentano la presenza di cicli apocrifi dipinti anche in questa fase antica, così come abbiamo visto in Cappadocia, la chiesa dei Santi Gioacchino ed Anna).


f. 7,8 – particolari dai mosaici di San Marco a Venezia, del XII sec. e di Kirye Camii, ad Istanbul, del XIV sec.
2. Maria a sinistra, Gabriele a destra
Lo schema compositivo dell’Annunciazione più diffuso nella storia dell’arte vede Maria collocata a destra e Gabriele a sinistra.
A Castelseprio troviamo un ribaltamento nella posizione dei personaggi; inoltre, Maria, con in mano il fuso e la rocca, sta filando la porpora, e questo è un altro rifermento apocrifo (il sommo sacerdote le assegna il compito di realizzare un velo con la porpora per il Tempio del Signore), che tenderà a scomparire dal periodo gotico in poi.
Nella ricerca di modelli a cui la struttura compositiva di Castelseprio può essere confrontata ho trovato testimonianze di manufatti diversi per tecnica di realizzazione, ma che hanno in comune l’ambito di provenienza: Bisanzio e le aree dell’Asia Minore su cui l’influenza della capitale d’oriente era determinante.
Qui di seguito una carrellata di opere rappresentative di differenti tecniche che documentano questa iconografia (fare scorrere le immagini con le frecce).
3. La giovane testimone dell’Annunciazione e Visitazione
La giovane donna testimone dell’Annunciazione dipinta a Castelseprio, appare un elemento presente con più frequenza nelle rappresentazioni successive al X sec.; tuttavia, alcune tracce in epoche precedenti ci documentano che probabilmente fosse un soggetto già parte dei cicli più antichi, a volte anche con il ruolo di “testimone” a chiusura della scena della Visitazione.
D’altra parte, abbiamo già visto che l’Annunciazione e la Visitazione venivano accostate come una scena unitaria, sia nel caso di cicli narrativi sull’infanzia di Cristo che nelle rappresentazioni più dogmatiche (come esempi, la decorazione della conca absidale di Parenzo, del VI sec., o anche la decorazione ad affresco del catino absidale meridionale di Santa Sofia a Benevento dell’VIII sec.).
A proposito degli affreschi di Santa Sofia a Benevento, ben due ancelle assistono spaventate al dialogo tra l’arcangelo e Maria, quasi abbracciate, riverse a terra con una mano alzata come per difendersi dall’irruenza del messaggero divino.
Inoltre, una figura di testimone appare a volte nell’Annunciazione ad Anna, la madre di Maria, documentando quanto tale impaginazione dell’evento abbia una tradizione che affonda in testi figurativi altomedievali, sicuramente di area orientale.
Ho raccolto una carrellata di esempi di questa figura, intrecciando le tre possibili variazioni, frutto di uno stesso modello generativo; ho anche inserito opere successive cronologicamente a Castelseprio, ma realizzate entro il XIV secolo. Ciascuna di queste può aprire interessanti percorsi di ricerca (fare scorrere le immagini con le frecce).
Testo di Ivetta Galli






























