
Il mondo artistico di Anna Boghiguian esercita un tale magnetismo da stimolare un continuo approfondimento del suo lavoro.
Il mio primo incontro con l’artista è avvenuto durante la visita del Padiglione Armeno della Biennale di Venezia, nel 2015.
Il Padiglione, che raccoglieva diversi protagonisti della diaspora armena, si è meritato il Leone d’oro per il valore dei lavori esposti, sia artistico che di testimonianza della storia del popolo armeno e della memoria del genocidio, subito proprio a cent’anni di distanza.
Entrati nel chiostro del Monastero degli Armeni, alcuni uccelli neri in cartapesta, sospesi tra le volte del portico, accompagnavano all’interno di una stanza spoglia, avvolta in un’atmosfera silenziosa di sobrietà e umiltà; pochi ma intensi “segni” narravano la stratificazione tra storie individuali e memoria collettiva.

L’allestimento di Anna Boghiguian, Ani, 2015, comunicava un’emozione profonda:
alcuni mazzi di rose tinte pastello, sagome scure di uccelli, rettangoli di terra ammassata quali sepolture, mensole precarie con quaderni scritti e disegnati dall’artista, ad evocare gli antichi manoscritti miniati medioevali e piccoli quadri in legno eredità delle icone orientali.




Le tracce da lei seminate nella stanza ci portavano alla città di Ani, grande e bella città armena nel Medioevo, distrutta dalle invasioni mongole nel XIV secolo.

Pochi, ma affascinanti, sono i resti di ciò che rimane oggi in quel magico luogo e delle sue architetture; è d’obbligo un collegamento col video The Silence of Ani, di Francis Alӱs, presentato alla Biennale di Istanbul sempre nel 2015, le cui immagini e storie rivelano una profonda consonanza tra i due artisti.

Anna Boghiguian è nata a Il Cairo nel 1946, e oggi vive in più luoghi, per scelta. La sua arte sa raccontare il dolore del cammino dell’esodo, incarnando un’esperienza che nella nostra realtà sta assumendo dimensioni epocali.
Nei lavori dell’artista esposti alla mostra “La terra Inquieta” (Triennale di Milano, 2017), Crossing Boundaries Physical and Mental. Voluntary and Involuntary, immagini, parole colori si accavallano inquieti disegnando uno spazio mentale ed emotivo carico di tensione.



Al Castello di Rivoli è da poco stata inaugurata una retrospettiva con molte opere dell’artista (visitabile fino al 7 gennaio 2018).
La sensazione che si prova, muovendosi tra i suoi lavori, è quella di viaggiare in luoghi tra di loro lontani e in tempi ancora più distanti. Anna Boghiguian si è formata in scienze politiche in Egitto, poi in Canada ha studiato musica e arte; si interessa di letteratura, poesia e filosofia. Gli spunti di riflessione da cui prendono corpo i suoi lavori sono molteplici, anche se ruotano prevalentemente intorno all’uomo e al suo rapporto con la storia e la politica.
All’ingresso della Manica Lunga del castello di Rivoli, tra la serie dei suoi libri d’artista, troviamo disegnati piccoli capolavori, come l’albero e i frutti di melograno, parte di una serie di più di quattrocento fogli, in parte perduti, lavorati con gouache, acquarello, pastello, scrittura a mano, collage; spesso tratta i colori ad encausto .


Il melograno da sempre simbolo della terra armena, è reso con segno fortemente espressionista, carico di suggestioni che rimandano alle sue radici.
Come non ricordare le stupende immagini del film sperimentale “Il colore del melograno” realizzato da Sergei Parajanov, nel 1968, su di un poeta armeno del Settecento?
Così colpisce l’immagine di Everan, antichissima città armena, ai piedi del Monte Ararat:

Dialogano con i quaderni esposti su una lunga mensola, tre grandi disegni appesi alla parete, con vedute di Alessandria d’Egitto, a carboncino e pastelli su carta:

Nei progetti artistici di Anna Boghiguian molto spazio trovano le riflessioni sulla storia del Novecento, sui grandi conflitti mondiali e le loro origini; in particolare nell’intervento Sinfonia incompiuta del 2011-12, proposto a Documenta a Kassel, allestisce tende militari, oggetti e disegni che ripercorrono le tragedie del “secolo breve”.


La sua ricerca continua essere molto attuale, come evidenzia questa pagina manoscritta, parte di un lavoro del 2013, ispirato dalla figura del poeta indiano Tagore:

Il riallestimento dei “Mercanti del sale”, a Rivoli, opera da lei esposta a Istanbul nel 2015, oltre oltre alle riflessioni sulla storia apre a tematiche che si confrontano con le risorse naturali e agli equilibri economici e sociali che lo sfruttamento delle stesse determinano.

“L’opera è composta da grandi vele dipinte appese al soffitto, tramite corde e collage su carta montati su strutture lignee, frammenti di imbarcazione, cumuli di sale e sabbia, fili di lana rossa, che si riferiscono alla figura di Penelope, e altri vari oggetti” (dal pannello della mostra a Rivoli).
Gli spunti poetici che l’artista ci propone sono come tanti piccoli frammenti di mondo che in trasparenza si ravvivano grazie alla luce. Piccoli quadri che raccontano con passione l’amore per la vita, nonostante tutto.


Il viaggio tra passato e presente, storie antiche che si fanno attuali, radici che riemergono da lontani paesaggi e racconti si affollano tra le pagine dei diari di Anna Boghiguian, vergate con forza, energia, espressione di una carica vitale e di un vorticoso dinamismo. Diventano colore vivo e dilagante, forme che si stratificano, collage polimaterici che lasciano piccole ma intense tracce della nostra condizione umana.

Mi piace lasciare quest’ultimo frammento visivo, che come un’opera d’arte che si rispetti, condensa segni, simboli e una moltitudine di significati, a testimoniare il fascino magnetico dell’arte di Anna Boghiguian.
Ivetta Galli
