Novara Pride: esistenza, arte e politica

E’ accaduto veramente, il lungo corteo, allegro e coloratissimo, che ha attraversato Novara, sabato 26 maggio 2018:  una corale manifestazione di “arte relazionale”?

Portare a Novara un fiume così dirompente di allegria, di sorrisi, di colori dell’arcobaleno, che sono i colori della luce e quindi della vita, è stato un potente atto creativo che i ragazzi di Novararcobaleno  e di Sermais hanno generato.

Ma ancora più intense e profonde sono state le parole che dal palco sono rimbalzate sulle persone strette tutte attorno.

Voci e testimonianze non urlate, spesso sofferte, di un mondo che ci circonda e ci appartiene,  stanco di doversi nascondere, che rivendica di potere esistere.

Un’umanità che attraversa classi sociali, confini geografici, perimetri ideologici, perché ESISTE.

Negli ultimi decenni molti artisti, che lavorano per esplorare l’uomo e i suoi vissuti, si sono fatti interpreti di questa “rivoluzione civile”, portando alla luce storie ed esperienze per smuovere i pregiudizi e le resistenze che portano a ignorare, se non a emarginare o aggredire, chi non appartiene al mondo eterosessuale.

Yto Barrada, artista nata a Parigi nel 1971, di origine marocchina, tra le significative immagini che documentano la cultura del proprio paese, propone “Rue de la liberté“, 2000, opera che con delicatezza ci racconta di un amore che ancora deve essere nascosto.

Yto Barrada Rue de la liberté 2000

Dal palco del Novara Pride, una toccante testimonianza è stata portata da un giovane africano rifugiato, omosessuale, che con coraggio ha raccontato la propria fuga “sui barconi” del Mediterraneo, difficile e pericolosa ma necessaria, per trovare la possibilità di vivere liberamente e scappare da persecuzioni e morte.

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Questa immagine di una videoistallazione di Isaac Jiulien (Londra, 1969), Western Union: Small Boats, del 2007, riassume in uno scatto quanto possa essere potente il desiderio di fuggire da condizioni di oppressione e violenza, anche per motivi di orientamento sessuale, pur sapendo di dover affrontare molti pericoli attraversando il Mediterraneo.

Come ci ricorda l’artista svedese Runo Lagomarsino (1944) con l’opera esposta a Milano alla mostra “La terra inquieta” nel 2017:

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Stessa scritta che, ad intermittenza, cambiando una lettera, diventa un SOS straziante.

Maria Lai, artista sarda che ha vissuto il Novecento, mancata nel 2013, nel lontano 1965 proponeva il  delicatissimo “Ermafrodito. Il dio distratto“:

1965 ermafrodito il dio distratto

un quadro dipinto con  tessuto e fili di lana su una spessa tela grezza; paura e imbarazzo si colgono tra i residui di volto annegato sotto le ciocche spesse e protettive di capelli.

(La stessa artista è stata una pioniera dell’ “arte relazionale”, con  “Legarsi alla montagna”, ad Ulassai, nel 1981, lavoro artistico che ha coinvolto attivamente gli abitanti del proprio paese. Maria Lai, a cui era stato commissionato un “monumento ai caduti”, si è fatta promotrice di un’azione collettiva, coinvolgendo con un impegnativo e non facile lavoro, la comunità: un lunghissimo nastro azzurro ha collegato e annodato le case del paese alla cima della montagna che lo aveva minacciato con una frana;  si racconta che una bambina si fosse salvata rincorrendo un nastro azzurro. L’artista  ha utilizzato la propria energia e creatività realizzando un “monumento per i vivi”, riuscendo a smuovere diffidenze e chiusure, comportamenti sedimentati dalle abitudini, cambiamenti possibili quando il significato e il valore degli obiettivi proposti risultano convincenti. In questo intravvedo un’analogia tra fare “arte relazionale” e fare il “pride”).

Anche l’arte cosiddetta “tradizionale” si è confrontata con tematiche di genere; come non ricordare il quadro  “Donna barbuta“, del 1630, di Jusepe De Ribera, pittore caravaggesco detto “Lo Spagnoletto”?

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Lo sguardo disincantato con cui l’artista ritrae la figura sorprende per il profondo realismo e la grande sensibilità nel cogliere la fatica e il disorientamento nel vivere la propria condizione.

Tra la moltitudine presente al corteo di Novara Pride  ha trovato posto anche l”‘associazione interssessuali” il cui simbolo è un cerchio viola su fondo giallo:

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Le testimonianze di due giovani persone di questa associazione raccontate dal palco a tratti con esitazione, ma decise nell’affermare la propria identità, forse hanno rappresentato uno dei momenti più intensi della manifestazione.

A Novara è intervenuta anche una portavoce dei diritti dei transessuali, Antonia Monopoli, ricordando con commozione Bruna, vittima di un brutale omicidio proprio nella nostra città nel 2012; e, al doloroso ricordo della violenza, ha affiancato il racconto emozionato dell’esperienza vissuta al funerale per Bruna, nella chiesa di San Francesco, organizzato dall’Associazione Liberazione e Speranza, dove una chiesa gremita si è stretta a lei con grande rispetto, solidarietà e affetto.

Gli scatti rubati nelle strade del Cile dall’artista e fotografa, Paz Errazuriz,  nel 1983, della serie “La mela di Adamo“, documentano, con forte carica di denuncia politica, le numerose storie di emarginazione e repressione delle persone transessuali nel periodo della dittatura fascista di Pinochet.

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Alla Biennale di Venezia del 2017, Charles Atlas (Usa, 1949) ha esposto un sensazionale video composto da 44 tramonti, Kiss the Day Goodbye seguito da Here she is…v1, la cui protagonista è Lady Bunny, famosa drag queen di New York.

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L’artista ha creato una magica metafora della fine del mondo, disegnando nei video il lento spegnersi del sole e dei colori della luce. I colori dell’arcobaleno. Alla fine di tutto, dopo il buio, sopravvive la drag queen, con la sua storia personale raccontata ballando e intrecciata ad una critica analisi politica dell’America contemporanea.

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Guardiamo la foto del palco, alla fine della manifestazione a Novara: un sacco di giovani  felici stipati tra le due drag queen,  madrine simpatiche,  discrete, sensibili oltreché capaci a gestire  quasi due ore di interventi densi di umanità, dolori e sogni

Lo sguardo “internazionalista”  dei giovani organizzatori di Novara Pride, l’apertura alle tematiche della diversità e alla difesa dei diritti civili, e necessariamente il deciso impegno politico (nel senso di partecipazione diretta nelle questioni della cittadinanza che interessano la polis e la vita collettiva), rappresentano forse un piccolo fermento di un nuovo ’68, cinquant’anni dopo?

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Ivetta Galli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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