Appunti sulla 58ª Biennale di Venezia
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VOLTI
Volti: dipinti, fotografati, ripresi in video, scolpiti, ci seguono con i loro sguardi fieri, attraenti, spaventati, sofferti, orgogliosi, spiazzanti, realizzati in varie dimensioni e di una bellezza a volte struggente.
Racconto di un’umanità che ricerca un ugual posto nel mondo.

Artista di origine nigeriana, Njideka Akunyili Crosby, oggi residente a Los Angeles, nei sapienti e delicatissimi volti esposti all’Arsenale, riflette una profonda nostalgia e un forte radicamento alla propria cultura d’origine, contaminando le proprie iconografie con riferimenti a modelli artistici occidentali (ad esempio al ritratto seicentesco) .

Zanele Muholi è un’artista sudafricana, impegnata col proprio lavoro ad affermare le tematiche di genere e LGBTQI+; i suoi ritratti e/o autoritratti rivendicano prepotentemente e con fierezza quella dignità che è stata negata dalla cultura dominante alle persone che vivono orientamenti sessuali non etero.

Le immagini di Marclay, che siano fisse o video, nascono dalla manipolazione di materiali preesistenti; in questa serie di incisioni l’artista assembla parti di fumetti americani e giapponesi costruendo volti terrorizzati dei quali si percepisce il grido di angoscia. Volti che condensano le tragedie contemporanee e diventano “allarmi universali”.

Angoscia quasi rassegnata, ma carica di dignità, è quella che cogliamo nei profondi ritratti di Soham Gupta; protagoniste di una Calcutta notturna ed emarginata, le figure si impongono per la loro umanità, per il loro disperato desiderio di vivere.

Il “verso” accattivante per effetti di forma e di colore delle maschere in ceramica di Jamie, ribalta e ridiscute il tema del ritratto, proponendo una interpretazione della maschera quale oggetto liberatorio della propria autenticità.

Le teste decostruite di Nicole Eisenman, ritratti fantastici e ambivalenti di esseri mostruosi e pericolsi (in questo caso è un re, uomo di potere), paiono contemporaneamente osservate con sguardo compassionevole; volti della complessità delle dinamiche psicologiche che possono coinvolgere tutti.


Severi e giudicanti volti di monache sulla parete fanno da sfondo a due video, costruiti dall’artista con un collage di trasmissioni televisive, filmati di youtube, storie da Istagram o da altri media, in continuo aggiornamento. La realtà viene raccontata in tempo reale e i volti dei protagonisti scorrono velocemente, proponendo un frenetico rituale di uso dell’immagine. il conflitto che si genera tra la fissità del fondo, opprimente ed ingombrante, e la velocità incalzante dei racconti degli schermi, crea un corto circuito di inquietudine, disagio, di controllo occulto delle nostre libertà.
La continua ed esasperata esposizione ai volti/selfie in cui viviamo fa sì che il genere del ritratto rischi di perdere del tutto la sua pregnanza.
Tuttavia, nonostante l’abuso di questo soggetto a livello mediatico, la Biennale di quest’anno è la prova che questo genere artistico è lungi dall’essere esausto!
Ivetta Galli

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