percorsi nello spazio, nel tempo e nella memoria

Salire e scendere le numerose rampe sospese del Castello di Rivoli rappresenta un buon viatico al viaggio che si intraprende immergendosi nei progetti artistici di tre protagoniste del mondo contemporaneo: Bracha Ettinger, nata nel 1948 a Tel Aviv, Otobong Nkanga, nel 1974 a Kano (Nigeria) e Agnieszka Kurant, nel 1978 a Lodz (Polonia).

Le artiste, che utilizzano mezzi espressivi anche molto differenti, frutto della loro formazione e cultura, con i progetti esposti danno forma ad alcuni ‘topos’ ricorrenti, quali: la figura del paesaggio, della mappa geografica e della rete di connessione tra luoghi, storie e vissuti; la corda, la linea, il filo, il segno che può delimitare, contenere, e anche legare, intrecciare o tessere collegamenti tra nodi, punti significativi.

Al fondo di molti lavori si percepisce un senso di perdita, nella coscienza di vite e di mondi inorganici che si esauriscono e si trasformano e, nello stesso tempo, si fa il forte il desiderio di ricreare e modellare, attraverso la bellezza dei procedimenti artistici, lo spazio in cui siamo immersi.
Otobong Nkanga
Otobong Nkanga disegna, al terzo piano del Castello, un planisfero multisensoriale disponendo una corda che inanella sculture di forma organica, simbolo della terra, degli alberi, di bozzoli di esseri viventi, ricchi di concavità che raccolgono erbe ed olii curativi e profumati, frammenti delle risorse naturali della sua terra, o sfere che diffondono piacevoli voci narranti.



Otobong Nkanga, Of Cords Curling around Mountains, installazione site-specific, 2021 – Castello di Rivoli
La corda, intrecciata manualmente con fili di cotone, è il ‘filo conduttore’ che penetra le pareti delle sale del piano, invitandoci ad esplorare l’al di là del muro, con un percorso di sorprese successive, fino a trovare il “tesoro”, due morbidi e vivaci tappeti, dalle nervature del quarzo e della malachite, da cui la corda ha origine.
Materiali e risorse naturali, di cui è ricca la terra africana, immagine di una cultura troppo a lungo colonizzata e sfruttata, diventano gli elementi protagonisti dell’intervento di Otobong: l’artista lavora recuperando un operare artigianale, manipolando sapientemente le ‘materie’ in modo sostenibile ed ecologico.

Otobong Nkanga, Of Cords Curling around Mountains, installazione site-specific, 2021 – Castello di Rivoli
Sulle pareti dipinte, di un giallo caldo, Otobong traccia versi poetici, quasi cassa di risonanza al richiamo della nostra responsabilità alla cura degli elementi del mondo naturale, della vegetazione, della materia organica ed inorganica che supporta la nostra vita. Una ‘poetica’ denuncia anche del pesante sfruttamento coloniale delle risorse africane.

Agnieszka Kurant
Agnieszka Kurant costruisce i propri progetti sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale, convinta che ciascuno di noi può influenzare i cambiamenti nella collettività utilizzando, in particolare, le risorse del mondo digitale. Nello stesso tempo l’artista sceglie modalità di intervento volte a sostenere gruppi e associazioni che operano politicamente per informare criticamente sull’uso dei social media.


Il dipinto a cristalli liquidi produce un’immagine in trasformazione che richiama un paesaggio notturno registrato da droni che colgono punti-luce di una mappa in evoluzione.
La dilatazione dei punti colorati è determinata dall’intensità delle emozioni di attivisti che partecipano a manifestazioni di protesta, rilevata ed elaborata da algoritmi che attingono, dalle banche dati dei social media, tali informazioni.
In Adjacent Possible, Agnieszka Kurant utilizza migliaia di immagini di segni grafici dei dipinti rupestri Asiatici ed Europei, raccolte in archivi di dati, per generare, attraverso procedimenti algoritmici, nuovi segni, che risultano frutto di un’intelligenza collettiva. L’artista costruisce un ponte con un passato lontano rielaborando tracce di impronte preistoriche attraverso strumenti digitali.

Il supporto, la pietra di Luserna, viene ricoperto da segni realizzati con pigmenti vivi, cioè da una miscela studiata osservando la trasformazione dei colori dei dipinti paleolitici, dovuta alla colonizzazione nel tempo di batteri e funghi; l’artista, con la collaborazione di biologi, ha sintetizzato nuovi pigmenti utilizzando particelle di funghi, licheni, coralli e meduse.
Agnieszka Kurant sperimenta con la sua ricerca il concetto che l’opera d’arte può essere frutto dell’intelligenza artificiale e dell’intelligenza collettiva, umana e non, mettendo in discussione il tradizionale concetto di ‘autorialità’.
Bracha Ettinger
Paesaggi dell’inconscio, mappe di frammenti della memoria, sono tracciati da Bracha Ettinger sui taccuini, utilizzati anche nell’attività di psicanalista e, per questo, ricchi anche di note scritte, in inglese, ebraico e francese. Nootebooks che vengono poi rilegati a mano con estrema cura, racchiusi in copertine di tessuto, ricamate con simboli, segni, note varie e nastri colorati.

Bracha Ettinger, filosofa, psicoterapeuta e artista, dà forma ad una materia complessa, quale è il territorio della nostra parte più oscura, utilizzando una gamma cromatica definita: il rosa, il color glicine, nelle sue sfumature anche più intense di viola, la gamma dal grigio al nero.

La raccolta dei taccuini, giacimento prezioso anche per i contenuti che raccolgono di riflessione e documentazione psicanalitica, testimoniano quanto l’arte possa ‘curare e guarire’.

Della necessità di riparare traumi, si fanno testimoni anche i quadri dipinti da Bracha (i cui genitori sono sopravvissuti all’Olocausto), nati dall’elaborazione di fotografie del 1942 di donne e bambini ebrei nel ghetto di Mizoch (oggi Ucraina), prima di essere uccisi dai Nazisti.

Le velature sovrapposte di colori evocano forme che, piegate dal dolore, si stringono disperatamente.
“Nei quadri, pur nell’infinità degli strati, nulla viene propriamente cancellato. In un processo che allude a un divenire infinito, essi liberano ‘memorie della dimenticanza’ che appaiono come fantasmi.” (da Il processo della pittura è senza fine di Marcella Beccaria, dal Catalogo alla Mostra su Bracha Ettinger al Castello di Rivoli, Skira 2021)
Viaggio nella memoria e nella storia, le opere autobiografiche di Bracha urlano il dolore della tragedia dell’Olocausto, aprono alle inquietudini e angosce dell’inconscio, eppure, magneticamente attraggono e confortano per la forza dell’elaborazione estetica.
Testo e foto di Ivetta Galli
